Agricoltura


 

 
Il Fascismo riservò all'Agricoltura una particolare attenzione per l'importantissimo ruolo che svolgeva in seno all'economia della nazione.
Il corporativismo, come nuovo ordinamento sociale adottato dal regime fascista, nel campo agricolo venne applicato ed esteso al massimo; infatti vennero istituite ben otto corporazioni specializzate per settori di produzione: cerealicoltura, viticultura, olearia, bielicultura, zootecnia, settore della pesca, del legno e produttori di tessuti.
Gli addetti alle, attività agricole vennero suddivisi in due Confederazioni: quella dei proprietari (datori di lavoro o diretti coltivatori ) e dei lavoratori. Entrambe queste categorie facevano già parte, aderendo ciascuna ad un proprio sindacato autonomo, rispettivamente, i proprietari alla "Confederazione Agricoltori" ed i lavoratori alla "Confederazione Contadina dell'Agricoltura".
Nel 1920 già esisteva la "Confederazione Generale dell'Agricoltura" a cui facevano capo tutte le Federazioni Provinciali dei Proprietari di poderi nella loro qualità di: diretti coltivatori, con terre a mezzadia o concesse in affitto.
Con il consolidamento del regime fascista, al fine di avere un controllo più completo del settore agricolo, venne istituita nel 1927 una nuova Confederazione, la "CONFEDERAZIONE NAZIONALE FASCISTA DEGLI AGRICOLTORI", che dal 1935 al 1944, prenderà il nome di. "CONFEDERAZIONE FASCISTA DEGLI AGRICOLTORI". Alla prima si affiancherà fin dal '27, la Federazione Nazionale Bieticoltori ed alla seconda la Sezione Apicultori.
Anche la 'Confederazione Contadina' si allineò ben presto alle nuove direttive di governo. Tutti i Sindacati Provinciali di categoria, nel 1929, confluirono nella "CONFEDERAZIONE NAZIONALE DEI SINDACATI - FASCISTI DELL1 AGRICOLTURA" che poi dal 1935 al 1944 venne più semplicemente chiamata: "CONFEDERAZIONE FASCISTA dei LAVORATORI dell' AGRICOLTURA".