Artigianato


 

 

L'Artigianato, come diretta derivazione dell’industria, venne tenuto dal Fascismo nella massima considerazione attribuendovi una rilevante importanza nella economia nazionale.

Già nel passato si erano costituite comunità autonome fra le varie categorie di artigiani, a tutela della professionalità e dei diritti sia economici che sociali degli operatori.
Il regime fascista si interessò attivamente alla categoria e, fin dal 1927, diede il suo appoggio alla costituzione di una associazione che rappresentasse tutte le comunità artigiane.
Allo scopo venne istituita una prima "federazione" di categoria col nome di FEDERAZIONE FASCISTA AUTONOMA delle COMUNITÀ ARTIGIANE D'ITALIA.
Le comunità dei: falegnami, fabbri, sarti, orafi, calzolai ecc,, già da anni sorte in tutte le principali città italiane, confluirono nella suddetta federazione; il regime, ben consapevole della loro primaria importanza nella economia nazionale, lasciò agli artigiani la più ampia libertà nella normativa organizzativa interna e nell'esercizio delle attività.
Nel corso degli anni la federazione subì mutamenti di denominazione come segue: alla prima suddetta per il 1927, seguì identica negli anni 1928 e 1929, senza l'articolo " delle" poi dal 1930 al 32 divenne FEDERAZIONE FASCISTA AUTONOMA ARTIGIANI D'ITALIA.
Negli anni '33 e 34 scompare l'aggettivo 'autonoma’ così da essere semplicemente detta, FEDERAZIONE FASCISTA ARTIGIANI D'ITALIA; dal 1935 in poi si chiamerà, FEDERAZIONE NAZIONALE FASCISTA DEGLI ARTIGIANI.

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